giovedì 29 ottobre 2009

Kasher (Kosher) : La cucina "pura" ebraica

I Prodotti Kasher (o Kosher, secondo la dizione Yiddish) sono per definizione quei prodotti che, in seguito a lunghi processi di controllo, possono essere consumati oltre che dai buongustai di tutto il mondo, anche dagli esponenti delle Comunità Ebraiche e da quelle Musulmane (Halal è l’equivalente in arabo di kosher). Kashèr significa valido, adatto, buono. Un cibo è kasher quando è stato preparato nel rispetto delle norme alimentari ebraiche, e kasherut è l’insieme di queste norme.
Oltre a garantire i requisiti fondamentali necessari ai principi religiosi dell’ebraismo, tali prodotti e tali norme offrono un livello di controllo qualitativo superiore, e non a caso negli Stati Uniti la maggior parte delle industrie alimentari si propongono sul mercato contraddistinte da tale marchio (una “K” o una “U“, che sta per “Union of Orthodox Congregation of America“). Gli alimenti permessi costituiscono la base fondamentale della cucina ebraica, le cui pietanze, per un pubblico di non ebrei possono essere preparate anche con alimenti non a norma (non disperatevi quindi, se non riusciste a reperire della carne kasher nella vostra città, potete cucinare anche con quella normale).
Vediamo quali sono le principali norme della kasherut, allora. Le norme alimentari ebraiche andrebbero inserite in un contesto più ampio delle regole che permeano la vita spesa secondo i precetti dell’ebraismo. Cercheremo di riassumerle nella maniera più sintetica possibile, consapevoli del fatto che non potremo essere esaustivi, data la complessità della materia. Per chi volesse approfondire maggiormente la tematica della cucina kasher, rimandiamo alla fine di questo articolo.
La Torah (il principale testo religioso per l’ebraismo) classifica gli animali in vari gruppi (quadrupedi, acquatici, volatili, insetti, ecc.) e distingue nell’ambito di ogni gruppo le specie permesse e quelle proibite.
- Quadrupedi
I criteri per riconoscere i quadrupedi permessi sono: gli animali devono avere lo zoccolo diviso in due, e devono essere ruminanti. Sono generalmente ammessi: alcuni bovini (bue, bufalo, bisonte americano, ecc.), la capra, gli ovini, gli antilopini (gazzella, camoscio, renna, ecc.)- Sono esclusi i tilopodi (cammelli, dromedari, lama), i non ruminanti (tra cui tutti i suini – maiali, cinghiali – ippopotami, ecc.), e tutti gli altri quadrupedi commestibili (in particolare equini, conigli e lepri).
- Volatili
Il problema della distinzione tra animali proibiti e non tra le specie di volatili è molto complicata. Generalmente si usa questa formula: Sono permessi i volatili che NON appartengano a famiglie di animali notturni o rapaci. Oca, gallina e tacchino, pernice, quaglia (controversa, secondo alcune comunità) che sono gli animali mangiati più comunemente sono generalmente permessi. Tra le esclusioni pipistrelli, civette, allodole.
- Animali acquatici
Sono permessi solo i pesci che hanno pinne e squame. Sono quindi proibiti, tra gli altri:
Tutti i molluschi: i gasteropodi (come le patelle), i lamellibranchi (come le vongole, le cozze, le ostriche), i cefalopodi (come le seppie, i polpi, i calamari)
Tutti i crostacei: come le aragoste, gli scampi, i granchi, le mazzancolle, i gamberi e i gamberetti
I vertebrati ciclostomi, che sono quasi pesci (come le lamprede)
I mammiferi marini: pinnipedi (foche, leoni marini, trichechi) e cetacei (delfini, capodogli, balene)
– Insetti, Invertebrati
La Torah proibisce il consumo di tutti i tipi di insetti e di animali invertebrati, tra i quali: le rane, i serpenti e vermi.
Ma ci sono regole anche nell' abbinamento dei vari cibi: "Ad esempio, e' proibito associare nello stesso pasto pietanze a base di latte e a base di carne", aggiunge Piattelli. "Questa regola vale anche durante la preparazione dei piatti: gli utensi' li usati per preparare gli uni non vanno usati per gli altri". Esiste anche il vino kasher: "In moltissime religioni, e anche in quella ebraica, il vino ha un significato simbolico e liminale, tra il sacro e il profano: viene bevuto quotidianamente ma anche usato in cerimonie solenni". Per poter essere considerato puro, il vino deve essere prodotto sotto diretto controllo del Rabbino, che sigilla i contenitori alla fine di ogni fase della lavorazione. In alcune comunita' , inoltre, a stappare la bottiglia puo' essere solo un osservante del Sabato.

mercoledì 28 ottobre 2009

Testaroli (Toscana)




INGREDIENTI:
gr. 800 di farina
gr. 150 di basilico
gr. 100 di pinoli
gr. 30 di gherigli di noci
gr. 100 di grana padano
gr. 50 di pecorino romano stagionato
olio extravergine d'oliva
aglio
Esecuzione
Mescolare la farina con acqua tiepida ed un pizzico di sale, ottenendo una pastella molto morbida. Lasciare riposare per 10 minuti circa.
Scaldare il testo sul fuoco (si può cuocere anche in una padella antiaderente), versare la pastella fino a raggiungere lo spessore di 3 o 4 mm. e lasciare cuocere 5 minuti per lato. Raffreddare e tagliare a losanghe di circa 3 cm per lato.
Immergere i testaroli in acqua calda salata (l'acqua non deve bollire) e lasciare rinvenire alcuni minuti.
Infine colare e condire con pesto e formaggio parmigiano grattugiato.
Per preparare il pesto porre in un mortaio le foglie di basilico, i pinoli, l’aglio ed i gherigli delle noci.
Pestare fino a ridurre in poltiglia. Versare l'olio, aggiungere i formaggi grattugiati e salare a piacere
Tradizionalmente i testaroli vengono serviti al pesto, ma per la loro capacità di assorbimento del sugo e per la delicata, ma rustica fattezza possono essere benissimo abbinati ad. esempio un ragù bianco di cinta senese, il quale richiama la tipicità del loco e serviti semppre con un buon vino rosato o un buon biabco strutturato
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Andrea Piobbici
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martedì 27 ottobre 2009

Le stagionalità

Spesso capita di leggere dei menù dove troviamo ingredienti estranei alla stagione del momento.

Per stagionalità si intende il periodo di raccolta di frutta e verdura o comunque il periodo durante il quale un dato prodotto è pronto per essere consumato.

Siamo in ottobre, stagione autunnale inoltrata e le varietà reperibili sul mercato, se pur cambiano ovviamente colore, gusto e peculiarità rispetto ai prodotti dei mesi più caldi, possiamo comunque sbizzarirci con la varietà delle nostre ricette.

Di seguito vi riporto i prodotti del mese di ottobre e novembre



FRUTTA


MELE ,MELE COTOGNE, MELOGRANO, PERE, UVA,

VERDURA

FINOCCHIO, SEDANO, CIPOLLA, FAVE, FAGIOLI RAMPICANTI, FAGIOLINI, FAGIOLO BIANCO, PISELLI, MELANZANE, PEPERONI, POMODORO, ZUCCHINA, ZUCCA, CETRIOLO, TOPINAMBUR, RAPANELLO, CAROTE, SCORZABIANCA, SCORZANERA, CAVOLO NAVONE, SEDANO RAPA, BARBABIETOLA, PATATA, CAVOLETTI di
BRUXELLES, CAVOLO RICCIO, CAVOLFIORE, SPINACI, BIETOLA DA COSTE
CAVOLO CINESE, BROCCOLI, CAVOLO

NOVEMBRE

FRUTTA

MELE,MELE COTOGNE, PERE, CASTAGNE, CACHI, MANDARINO, ARANCI, LIMONI

VERDURA

LATTUGA, SENAPE, AGRETTO, CICORIA, CRESCIONE, INDIVIA, SEDANO, RABARBARO,
FINOCCHIO, PORRO, CIPOLLA, FAGIOLO, RAMPICANTE, FAGIOLINI, PISELLI,
FAGIOLO BIANCO, MELANZANA, PEPERONE, POMODORO, CIMONE, BROCCOLO,
CAVOLO,ZUCCHINA, ZUCCA, CETRIOLO, TOPINAMBUR, RAPANELLO, CAROTA, SCORZABIANCA, SCORZANERA, CAVOLO NAVONE, SEDANO RAPA, RAPA, BARBABIETOLA, PATATA, CAVOLETTI BRUXELLES, CAVOLO RICCIO, SPINACIO,
ERBETTE, BIETOLA DA COSTA, CAVOLFIORE, CAVOLO CINESE.

Come noterete le varietà sono molteplici.
Possiamo affermare che , a parte i mesi di freddo più rigido, abbiamo un mercato agro-alimentare ricco, sarà quindi nostra premura fare attenzione alla redazione dei menù.


Andrea Piobbici

sabato 24 ottobre 2009

Il Cacao




Il cacao oramai è diventato un ingrediente della gastronomia non solo nella pasticceria o cioccolateria, ra nache le fave di cacao tostate vengono utilizzate in alcune preparazioni, per non parlare poi dell'utilizzo in primi piatti, secondi piatti e come guarnizione.
Non è più sconcertante sentire parlare di cacao nella cucina intesa al di fuori dei reparti dolci.

Ma come si ottiene il cacao ?
Cominciamo col dire che il suo vero nome è (Theobroma cacao, L. 1753) è una pianta della famiglia delle Sterculiaceae (attribuita alle Malvaceae dalla classificazione APG), originaria dell'America meridionale. È l'ingrediente base per ottenere il cioccolato.

Esistono più tipio di fava che descriviamo :


Cacao criollo - Theobroma cacao cacao definito anche cacao nobile.
Semi bianchi, molto profumati e poco amari; originario del Messico, esso rappresenta il seme dei Maya, poco produttivo e delicato, di qualità pregiata. Il cacao Criollo è più diffuso in America centrale e nel nord del Sudamerica, soprattutto nei suoi paesi d’origine, l’Ecuador e il Venezuela. Particolarmente sensibile alle intemperie, ha bisogno di molte cure e la sua resa è relativamente scarsa. I suoi semi sono ricchi di aroma e di sostanze odorose. Il cacao Criollo, sia per i ridotti quantitativi che ne vengono prodotti (rappresenta meno del 10% sul totale del raccolto mondiale), sia per il prezzo più alto, è destinato alla fabbricazione di cioccolata di alto pregio.
La produzione mondiale non supera l'1% del totale, mentre per la produzione di cioccolato, esso rappresenta il 10% delle specie di cacao utilizzate.
Coltivato in Venezuela.
Cacao forastero - Theobroma cacao sphaercarpum o cacao di consumo
Semi violetti dal gusto forte e amaro. Robusto e molto produttivo, dunque più a buon mercato.
Molto diffuso, con esso viene prodotto l'80% del cioccolato; rappresenta oltre l’80% di tutto il cacao raccolto nel mondo.
Coltivato in Africa occidentale, in Brasile e nel sud-est asiatico. Più resistente e di migliore resa, il cacao Forastero dà un cacao lievemente aspro e amaro. Nelle varie zone di coltivazione si producono qualità più fini o più ordinarie, che vengono selezionate in funzione dell’uso cui sono destinate oppure mescolate tra loro.
Cacao Trinitario (ibrido dei primi due)
Originario della bassa Amazzonia ( Trinidad), con caratteristiche intermedie ai primi due.
Coltivato in: Messico, Trinidad, Caraibi, Colombia, Venezuela, Asia sud-orientale. Esso rappresenta il 10% della produzione di cioccolato.
Cacao Porcellana (ibrido)

I frutti del cacao, che possono arrivare a pesare anche 1Kg vengono raccolti e fatti fermentare.
Questo procedimento dura 5-6 giorni e all'assestamento di 45° C circa, i semi smettono di germogliare e la polpa aderente al seme (Fava) si liquefa e quindi si può procedere a essicazione.

I semi vengono quindi fatti essicare per circa 15 gg, al termine dei quali esso diverrà esteemamente fragile, fino al punto che con una leggera pressione si dividerà in due , dando così originoai cossiddetti cotiledoni.

Si passa quindi alla tostatura, alla decorticazione e quindi alla triturazione.

Tostatura

Macchinario utilizzato per la tostatura del cacao.
Questo processo, chiamato impropriamente torrefazione, dura fra i 70 e i 120 min, con temperatura variabile in funzione del prodotto che si vuole ottenere: la produzione di cacao da cioccolato richiede una temperatura fra i 98 e i 104 °C, mentre per la produzione di cacao in polvere fra i 116 e i 121 °C.
Vi sono due tipologie diverse di tostatura:

In speciali essiccatoi in cui i semi, mentre cadono, sono investiti da un getto di aria calda.
Per avanzamento su letto fluido.
Questa operazione serve a facilitare la decorticazione del cacao e anch'essa determina l'addolcimento dello stesso.

Decorticazione e degerminazione

Dopo la tostatura si esegue il processo di decorticazione e di degerminazione per mezzo di macchine apposite; i cotiledoni, dopo questa operazione, possono essere venduti allo stato di fatto oppure la lavorazione può continuare tramite la triturazione.

Triturazione

I cotiledoni vengono macinati fra cilindri caldi, che, fondendo il grasso contenuto (in percentuali superiore al 50%), li trasforma in una massa fluida, viscosa e bruna detta massa di cacao o liquore.A questo punto viene addizionato di carbonato di potassio per amalgamare il grasso con le altri componenti ma anche per neutralizzare i tannini. La massa di cacao può essere utilizzata allo stato di fatto se si vuole fare il cioccolato, oppure continuare il trattamento con la separazione del grasso.
Arrivati a questo punto non abbiamo ancora ottenuto il cacao, ma dovremo procedere altre due volte.

Separazione del grasso
Burro di cacao.
Una buona parte del grasso viene separata per pressione, la parte rimanente, che ha ancora il 20-28% di grasso, viene posta in contenitori, nei quali si concreta in lastre in ambiente raffreddato dette panelli. Il burro di cacao può venire separato dalla pasta ottenuta anche tramite il processo Broma (sacchi di pasta di cacao appesi in una stanza calda, da cui il burro di cacao cola via).

Macinazione
Le lastre vengono quindi ridotte a polvere impalpabile.Questa polvere viene detta cacao solubile, ma è una denominazione impropria, in quanto non esiste una forma di cacao solubile; tale denominazione indica che la polvere viene suddivisa così finemente da rimanere in sospensione quando sia mescolata con acqua.

Solubilizzazione
Consiste nell'eliminare la parte grassa rimanente tramite un riscaldamento con vapore e carbonato di sodio o di potassio
per un tempo sufficiente affinché l'amido si trasformi in destrina e avvenga una parziale scissione del grasso rimanente; questa pratica è molto utilizzata dai fabbricanti olandesi, ma esistono anche altri metodi.

Come avete visto, il procedimento per ottenere il cacao e/o il cioccolato è molto complesso, la qualità del prodotto varia a seconda della precisione di tutti i passaggi oltre che naturalmente dalla proveninza.

Buon cioccolato a tutti
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venerdì 23 ottobre 2009

Pasta alimentare al cacao : Rombetti al cacao con gamberi rossi, pomodoro essicato, porcini freschi e zest d'arancio candito


Ingredienti : 1000 gr di farina "00"
10 uova piccole
120 gr di cacao amaro
40 gr di olio
Impastare come di consueto.
E' possibile rideuure la percentuale di uova e sostituirla con dell'acqua, tuttavia dovrete gestire anche la percentuale di olio che, in caso di uso esclusivo di uova può anche essere non usato, mentre risulta indispensabile se unito all'acqua.
Potete altresì ottenere delle variazioni divertenti, per esempio aggiungendo del peperoncino macinato finemente.
Quest'ultima variazione può essere interessante tagliata a rombetti irregolari nell'utilizzo con i crostacei e degli asparagi di mare o del pomodoro essicato a petali e successivamente ammorbidito nell'olio (non Confit), per la precisione i gamberoni , scottati leggermente con dei pocrcini freschi a julienne e per mantenere la coreografia dei colori accesa e la particolarità assai estrosa. Potete "sporcare " il piatto con un dressing all'arancio accompagnato da delle zest dello stesso, candito oppure rimanre nella coerenza del gusto mare e montagna creando un dressaggio a base di clorofilla di prezzemolo.
Chef Andrea Piobbici

martedì 20 ottobre 2009

Pasta alimentare alle castagne

Generalmente gli impasti variano molto a seconda dello Chef che esegue la ricetta, dai macchinari utilizzati e da ciò che si vuole poi ottenere.
Per ricette tipiche a me piace utilizzare impasti che a sfoglia tirata risultino porosi e diano la possibilità al condimento di essere "raccolto", rendendo così la pietanza più caserteccia e quindi più gustosa.

Gli ingredienti per la pasta alimentare alle castagne, che andrà poi lavorata manualmente con macchina imperia saranno :

Farina di castagne 300gr
farina di semola rimacinata gr 200
farina 00 gr 500
uova 8-10 a seconda della grandezza

Ricordo sempre che la pasta alimentare non va mai salata al fine di evitarne l'ossidazione.


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Il castagnaccio

Il castagnaccio trentino si differenzia da quello toscano, altra località ricca di castagni, per l'aggiunta di alcune foglie di rosmarino.

Gli ingredienti sono ovviamente quelli della stagione e della cucina povera :

500 gr Farina di castagne
acqua tiepida ( meglio latte se si vuole un gusto più morbido)

50 gr di zucchero
4 cucchiai di olio d'oliva
50 gr di pinoli
una manciata d'uva sultanina
e come vuole la tradizione , un pizzico di sale

In una terrina, mettete la farina di castagne, quindi aggiungete l'acua ( o il latte) fino ad ottenere un impasto relativamente fluido, ma liscio.
Quindi inserite il sale, l'olio e l'uvetta.
Versate quindi il composto ottenuto in una "tortiera" unta e cospargete la superficie coi pinoli.

Cuocete a forno preriscaldato a 200° per circa 30 min.

Servite caldo o tiepido

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domenica 18 ottobre 2009

Le castagne



Le castagne sono un frutto atipico, poiché sono ricche di carboidrati complessi (amido) come i cereali. Sono una buona fonte di fibre, di potassio e di vitamine del gruppo B, soprattutto B1 e B6. La cottura trasforma parte dell'amido in zuccheri semplici, che ne conferiscono la dolcezza tipica.Per centinaia di anni le castagne hanno rappersentato la principale fonte alimentare delle popolazioni degli appennini durante l'autunno e l'inverno.
Varietà di castagne
In Italia esistono moltissime varietà di castagne: tra le più famose quelle del Mugello (certificate IGP) e di Marradi.
La distinzione tra castagne e marroni non è sempre chiara. La castagne sono il frutto delll'albero salvatico.
Hanno forma, dimensione, sapore molto variabili anche se prodotte dallo stesso albero e quindi tutta la gestione del prodotto risulta più complessa. I marroni sono prodotti dall'albero coltivato e hanno caratteristiche più standardizzate.

Disponibilità delle castagne
Le castagne sono il tipico prodotto autunnale: cadono spontaneamente dall'albero da settembre a dicembre, periodo nel quale vengono raccolte due volte al giorno. I prodotti derivati, come la farina di castagne e le castagne secche, possono essere conservati a lungo e si trovano tutto l'anno.
La marmellata o crema di castagne è una marmellata preparata con la purea di castagne. Data la bassa acidità è un prodotto molto deperibile, per conservarsi bene necessita di una elevata % di zuccheri, solitamente del 60%.
La marmellata di castagne è quindi un prodotto molto dolce, può essere consumata da sola insieme alla ricotta o allo yogurt, oppure per preparare dolci al cucchiaio, o come ripieno per le crepes. Se la crema di marroni ha meno del 50% di zuccheri, come le marmellate Sì (40% di zuccheri), una volta aperta va consumata entro una settimana, altrimenti ammuffisce.


Come acquistare le castagne castagne


Le castagne devono presentarsi sode, il guscio non deve cedere se premuto con le dita.Il prezzo delle castagne dipende dalla loro grandezza, ma una castagna grossa non è più dolce di una piccola. In genere, le castagne piccole sono destinate alla bollitura mentre quelle medie e grandi sono più adatte per essere arrostite. Le castagne molto grandi necessitano di una cottura più attenta, specie se arrostite: si rischia di bruciare la parte esterna lasciando crudo l'interno.
Conservazione delle castagne
Le castagne possono essere trattate mettendole a bagno in acqua per qualche giorno, poi devono essere asciugate e si possono conservare in questo stato, in luogo fresco e asciutto, anche per un paio di mesi.Possono essere congelate crude e poi scongelate e cotte immediatamente, i migliori risultati, però, si ottengono congelando le castagne arrostite e sgusciate: in questo modo si possono conservare anche per 6 mesi.
Prima del consumo vanno fatte scongelare lentamente e mangiate fredde o leggermente scaldate al forno.La farina di castagne, una volta aperta, va conservata in luogo fresco e asciutto e consumata quanto prima in quanto facilmente attaccabile dalle larve.Le castagne secche sono disponibili in due "formati": quelle morbide, adatte per un consumo immediato ma più deperibili, e quelle dure, che vanno messe in ammollo per qualche decina di minuti prima di essere consumate.
Preparazione delle castagne

Le castagne possono essere bollite, arrostite sul fuoco o al forno.
Le castagne arrosto sono meno digeribili a causa delle imperfezioni nella cottura, che causano alterazioni dei glucidi e delle proteine, come la reazione di Maillard.
Queste alterazioni sono anche responsabili dell'aroma tipico delle castagne arrosto.Le castagne arrostite al forno tendono ad asciugarsi un po' troppo rispetto a quelle sul fuoco diretto, per limitare questo problema usate una temperatura di 220 gradi per 15-25 minuti a seconda della pezzatura.
Le castagne arrosto vanno incise prima della cottura con un taglio poco profondo, di 2-3 cm di lunghezza.Con la farina di castagne è possibile confezionare torte (castagnaccio), frittelle di castagne, crepes, mousse, polenta.
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mercoledì 14 ottobre 2009

Comunicato

Nella vigilia della solennità della Festa del Cuoco, informiamo tutti i soci che da alcuni minuti abbiamo appreso la tragica notizia che il nostro Segretario Generale Sig. Gianpaolo Cangi è morto. La famiglia delle berrette bianche piange la perdita di un valoroso collaboratore e si stringe intorno al dolore della famiglia.
La Federazione Italiana Cuochi
Si comunica che i funerali del nostro compianto Segretario Generale Giampaolo Cangi si terranno in data Giovedì 15/10/2009 alle ora 15:00, partendo dall'abitazione sita in via Monviso 17/d Castel Goffredo Mantova Cap 46042 (A4 uscita Desenzano del Garda direzione Castiglione delle Stiviere).
La camera ardente sarà aperta dalle ore 9:00 di Giovedì, presso la stessa abitazione.
Si invitano i Colleghi che volessero presenziare alla cerimonia di presentarsi in divisa ufficiale.

Per eventuali informazioni rivolgersi ai nostri uffici di Roma Tel 06.44.02.178, si ricorda che nell'occasione delle onoranze funebri gli uffici resteranno chiusi per lutto.

Federazione Italiana Cuochi
Il Presidente

Dosi per aroma "Saor"

Saor mare:

2 litri di vino bianco
1 litro di aceto


Saor Lago (acqua dolce)

3 litri di olio di oliva
1 litro di aceto




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sabato 3 ottobre 2009

Formaggi: Taglio e aroma

Temperatura
Chi ama il vino sa che la temperatura è fondamentale: per il formaggio vale lo stesso principio, anche se il discorso è molto più semplice. Infatti ogni vino ha una temperatura ottimale di degustazione, mentre i formaggi vanno assaggiati a temperatura ambiente a prescindere dal tipo. Putroppo non sempre c'è la possibilità di preparare le porzioni e lasciarle riscaldare per mezz'ora, tempo necessario per raggiungere la temperatura ambiente, quando si può, comunque, è bene farlo perché il profumo e l'aroma, ma anche il sapore vengono attenuati dalla bassa temperatura.
Taglio
Per quanto riguarda la scelta del coltello, vale la regola che più la pasta è molle e più la lama deve essere sottile e stretta, poiché una superficie grande a contatto con la pasta produrrà fette sbavate e imperfette. Al limite, per paste molto molli si può usare un filo metallico.Con i formaggi a pasta dura, invece, vanno usati coltelli a lama larga e spessa. Con formaggi che presentano una grana grossolana, come il Grana o il Parmigiano, ma anche alcuni pecorini stagionati, si usa il classico coltello a mandorla che "spacca" il formaggio per esaltarne la granulosità.Esiste una regola generale per tagliare il formaggio: ogni porzione dovrebbe avere una quantità uguale di crosta. Seguendo questo criterio nascono i vari tipi di taglio, che dipendono dalla forma dei formaggi: le forme cilindriche e basse vanno divise a metà, poi tagliate a fette e se queste risultano troppo grandi bisogna porzionarle trasversalmente in modo tale da ottenere liste con due porzioni opposte di crosta.Le forme cilindriche alte vanno divise a piccoli cilindretti e poi tagliate a spicchi.
Conservazione
Dal momento in cui viene tagliato, il formaggio entra in contatto con l'ambiente esterno ma soprattutto con l'ossigeno dell'aria, che lo porta a un graduale peggioramento delle caratteristiche.È quindi importante acquistare quantità piccole di formaggio, cosa che spesso è resa difficile da rivenditori che tendono a "provarci" porzionando fette troppo grandi.Il formaggio porzionato va conservato in frigorifero, le fette devono essere separate e conservate all'interno della carta oleata, i formaggi stagionati possono essere conservati all'interno di un canovaccio di cotone, nella parte bassa del frigorifero.
Analisi sensoriale
L'analisi sensoriale del formaggio è molto simile a quella di molti altri alimenti: se ne valuta l'aspetto visivo, tattile, le caratteristiche olfattive e gusto-olfattive, e l'esame della struttura in bocca.
Aspetto visivo e tattile
Le prime caratteristiche che vengono analizzate in un formaggio sono la forma, le dimensioni e le caratteristiche della crosta.Quest'ultimo dato ci informa sulle caratteristiche di lavorazione, vediamo qualche esempio:
- le croste fiorite si caratterizzano per la presenza di muffe sulla superficie (come nel camembert e nel brie);
- le croste lavate caratterizzano i formaggi maturati lavando la crosta con siero, salamoia, olio o alcol;
- croste lisce, rugose o canestrate a seconda del contenitore nel quale è stata posta la cagliata per dare la forma al formaggio.La crosta di un formaggio qualsiasi deve esser priva di spaccature o fessurazioni, pulita, se presenta muffatura questa deve avere una distribuzione uniforme.Il colore della crosta deve essere omogeneo e senza eccessive sfumature. La durezza della crosta è un indicatore del grado di affinamento del formaggio.Anche l'esame della pasta può darci molte informazioni sul formaggio. Il colore dipende dal tipo di latte, dall'alimentazione del bestiame e dall'affinamento. In generale, i formaggi caprini e ovini avranno un colore chiaro, i formaggi molto stagionati in genere avranno colori con tonalità più intense, dal giallo paglierino al dorato.L'unghiatura è la parte sottostante la crosta, che assume generalmente un colore più scuro, è più spess ed evidente nei formaggi stagionati. Deve essere presente ma non troppo spessa ed evidente.L'occhiatura è la presenza di piccoli buchi all'interno della crosta, causate da fermentazioni che sono volute in alcuni formaggi ma rappresentano difetti in altri: è bene che sia ripartita regolarmente, con dimensioni dei fori omogenee.La consistenza della pasta si esamina al tatto: può essere molle, semidura o dura, elastica, granulosa, untuosa, secca, ecc.
Esame olfattivo
I profumi che un alimento può offrirci sono molteplici, e infatti l'analisi olfattiva è la più complessa tra le analisi sensoriali. La cosa più difficile è quella di identificare, dandogli un nome e quindi facendo un paragone diretto, un particolare odore che percepiamo distintamente.Le principali famiglie degli odori riferiti al formaggio sono:- odori lattici (latte fresco, latte acido, latte bollito, yogurt, burro, panna, ecc.);- odori vegetali (erba, muschio, fieno, ecc.)- odori speziati (pepe, noce moscata, zafferano, chiodi di garofano, ecc.);- odori floreali;- odori di tostato (cioccolato, caramello, vaniglia, di bruciato, di affumicato, ecc.);- odori animali (stalla, cuoio, pelo di animale, ecc.)
Esame gusto-olfattivo
Come gusti si possono riconoscere unicamente il dolce, il salato, il piccante, l'acido, l'amaro e l'astringente.Gli aromi, ovvero le sensazioni olfattive che ritornano per via retronasale, saranno simili ai profumi percepiti con l'olfatto ma modificati, resi più complessi.La persistenza gusto-olfattiva è la durata del sapore, che può variare da qualche secondo fino a oltre 30 secondi.Da ultimo, si potrà valutare la consistenza in bocca, che può essere dura, elastica, deformabile, fine, granulosa, gommosa, ecc.